Domenica 5 giugno Stefano Sambati ha corso il Venice Challenge, gara di triathlon che si svolge su distanza full con 3800 di nuoto, 180 di bici e 42 di corsa. È stata la sua 10 candelina messa sulla torta dell’Ironman e per rendere speciale il passaggio alla doppia cifra, l’ha disputata con Alberto Ceriani atleta non vedente con cui aveva già disputato diverse gare in precedenza.
Era la prima volta che accompagnava Alberto su questa distanza e così la tensione era altissima. Inoltre, vi era anche un altro fattore di tipo logistico a rendere le cose più complesse, ossia essere senza l’importante aiuto di Paola: non se l’è sentita di chiederle la sveglia alle 3 della mattina, visto che la zona cambio apriva alle 3:45 con partenza dell’autobus alle 4:45 per lo spostamento verso il punto di partenza che ovviamente per onorare il nome della manifestazione era Venezia.
Alberto invece, era molto tranquillo e autosufficiente in tutti i preparativi a differenza di Sambati.
Alla 6.30 la sirena apre le danze: Sambati e Ceriani sono appena dietro i pro e quindi con partenza dall’acqua. Entrando si tagliano entrambi i piedi sui gusci delle cozze ma non in modo profondo da compromettere la gara. Sambati mette in tensione la corda e inizia a mulinare con braccia e piedi. Sente le mani di Alberto che lo toccano: è il segnale che deve aumentare, ma non riesce visto che è a tutta, oltre al fatto che non è allenato sul nuoto e la corda gli impedisce di dare la gambata piena e ciò non gli permette un’andatura dritta.
La fortuna vuole che il percorso sia comunque dritto con riferimenti a destra e a sinistra, così Sambati si mette tutto a destra dove i pali segnano la direzione. La bassa marea comporta che le sue mani vadano a dragane il fondale, così nelle braccia oltre all’attrito dell’acqua, sente anche quello della sabbia.
I due atleti finiscono la parte natatoria e percorrono di corsa un lunghissimo corridoio che li porta alla zona cambio: prendono le sacche di colore blu e si infilano nella tenda. Alberto litiga un po’ nello sfilare la muta, ma l’ intervento di Sambati lo libera dal neoprene, così da poter iniziare la vestizione. Corrono verso il loro mezzo che spunta fuori dalla rastrelliera, allacciano il casco ed iniziano la seconda frazione di gara di 180 km. Ascoltano attentamente i rumori che il tandem gli da, visto che nelle ultime uscite hanno sempre rotto dei raggi e questo li preoccupa. Il tandem gira bene e la scelta di cambiare il copertone da 28″ a 24″ si rende appagante. Avendo attrito minore riescono a tenere una media sopra i 30km orari. Frazione di bici facile, tolto qualche cavalcavia, visto che è tutta piatta e su un buon asfalto. Un paio di Pit stop causa un fortissimo mal di stomaco di Sambati che non gli da pace nei primi 40 km, poi continuano a salire. Il vento si alza nel terzo e ultimo giro, aumentando il grado di preoccupazione per la loro vela. Devono fermarsi e ciò li frena tantissimo quando la spinta è laterale. Giungono al termine dei 180km ed entrano in zona cambio: qui li aspettano le sacche rosse e si cambiano. Alberto litiga un po in quel disordine causato dal passaggio precedente degli altri atleti, dimentica solo il cappellino nella sacca e spinge Sambati a partire. Non è un minuto che può far cambiare il loro obiettivo, invece 42 km sotto il sole senza protezione sulla testa sì: Sambati cerca il cappello di Ceriani e poi partono ad affrontare questi 5 giri che li dividono dalla finish line. Il primo lo corrono tutto, ma la difficoltà del percorso li sfianca pian, piano e devono fare i conti con la fatica. Il percorso è molto bello e tutto chiuso al traffico, ma difficile per un non vedente e di conseguenza difficoltoso anche per Sambati che deve continuamente indicare i cambi di direzione, quelli di terreno e di dislivello. Corrono abbastanza bene sino al terzo giro e poi inizia un calvario mentale per Alberto tanto che al quarto giro si vuole ritirate. Ciò è comprensibile in quanto gli atleti vedenti trovano la forza mentale nel vedere un ristoro o come motivazione un sorpasso di un atleta, mentre per Ceriani è tutto buio. Qui Sambati chiede aiuto a tutto il pubblico che risponde con dei lunghi applausi ed incoraggiamenti. Anche se nei giri precenti il pubblico è stato molto vicino, e nei tratti senza lo stimolo a correre dandoli motivazioni mentali, i km sono lunghissimi. Sambati però lo tira più di Ector, il suo cane guida e con l’auto di tutti arrivano al tappeto che li porta alla Finish Line che tagliano accompagnati da Martina, la figlia di Alberto ed Aurora, la figlia di amici di Sambati accorsi ad incitare la grande impresa. Paola è li ad attenderli insieme a tutti gli altri per poter iniziare festeggiamenti.
Esperienza grandiosa che riempe il cuore di Sambati: anche se durante l’intervista finale, Alberto dichiara che non la ripeterà più, Sambati la consiglia la tutti. Il tempo finale è stato di 12h 38′ 00”, personal best di Alberto su distanza IM
A volte lasciare il cronometro a casa e correre per noi stessi è molto più appagante.
Sambati ringrazia l’amico atleta Alberto per la grande possibilità che gli ha donato!
Area Comunicazione Triathlon Team
By TRIATHLON TEAM – Associazione Sportiva Dilettantistica